Strage in Turchia

Attenti ad Erdogan

La Turchia è una paese con una guerra ai confini, non c’è uno dei contendenti in Siria che possa andare d’accordo con Erdogan, e una guerra all’interno, con i curdi. La guerra con i curdi è ovviamente la più serrata perché mina l’unità nazionale. I curdi sono la Vandea di Erdogan, non ci si riesce ad negoziare un accordo e appena possono ti colpiscono, di conseguenza la mano del governo centrale di Ankara è feroce al punto che i primi sospetti dopo l’attentato che ne ha colpito una manifestazione si concentrano proprio sul governo, tanto che persino sui giornali italiani si sono rispolverati titoli dei nostri anni sessanta come il famigerato la “strage di Stato”. Difficile che se ne trovino le prove da qui ai prossimi giorni, ma perché escludere questa ipotesi? Se Erdogan vuole spingere i curdi interamente fuori dalla legalità per poterli combattere ancora più duramente, non si è ancora ripreso dal loro successo nelle ultime elezioni che gli ha fatto sfumare la maggioranza assoluta, il terrore può essere un metodo come un altro per ottenere nell’intento. Non è che Erdogan sia un campione di democrazia e se l’Europa tenendolo troppo a lungo a bagnomaria non ne ha aiutato un’evoluzione positiva, è altrettanto vero che i toni e gli atteggiamenti presi in seguito dal suo governo, non sono tali da poter essere imputati all’ostracismo continentale. Il fondo del presidente turco è torbido ed autoritario e queste ultime, così come tutte le vicende che lo riguardano, lo dimostrano abbondantemente. Non che sia facile governare un paese come il suo, non solo per la posizione geografica e la storia, ma soprattutto per la spaccatura fra una avanguardia militare che ha difeso la laicità e l’identità nazionale, con i metodi che sappiamo, rispetto ad una popolazione molto più versata verso il sentimento religioso in cui l’Islam è la principale fonte spirituale di approvvigionamento. Erdogan si è mosso fra questi due campi con un equilibrio precario destinato a saltare, se non è già saltato. Da qui si capisce come mai abbiamo continue notizie di bombardamenti delle posizioni del Pkk piuttosto che dei curdi. L’esercito turco lo si può schierare contro il Pkk, contro i russi, ma non contro le milizie islamiste. Non sappiamo davvero cosa possa venir fuori da una posizione così intricata come quella che riguarda la Turchia, sappiamo però con certezza che se si rimprovera Putin di ambiguità e quant’altro, non è perché abbiamo l’usufrutto di un paio di basi militari turche e una consolidata aderenza alla Nato alle spalle, che si può consentire tutto ad Erdogan.

Roma, 12 ottobre 2015